laProvvidenza

LA PROVVIDENZA – GIUGNO 2025

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EDITORIALE – p. 3

Il 13 giugno Padova si ferma, si anima e si veste a festa, pronta a celebrare il suo santo, Antonio, con il clou nella bella e partecipata processione lungo le vie del centro città, con la Confraternita dei Macellai di Sotto il Salone che apre il lunghissimo corteo di associazioni portando a spalla la reliquia del mento. Ma perché anche all’OPSA da 65 anni questa data è una grande festa? La risposta ovvia è che sant’Antonio è il nostro santo patrono… ovvia ma non completa. La scelta del patrono fu quanto mai azzeccata in quanto sant’Antonio, tradizionalmente, viene identificato come protettore della comunità cittadina, degli umili e dei poveri o, come ricordava con parole solenni il card. Roncalli nel suo discorso per la posa della prima pietra, è il «santo taumaturgo dato da Dio a beneficio dell’umanità sofferente e sospirosa». Gli storici e il sommo poeta Dante ricordano che la Padova del 1200 e 1300, dove giravano tantissimi soldi, era tristemente famosa per l’usura. Banche e mercati funzionavano a regime, ma i poveri restavano sempre pesantemente ai margini. Ad accorgersi di loro, a sostenerne i diritti, a prenderne le difese attraverso le sue intemerate prediche fu solo lui, il Santo, ed è per questo che i padovani lo amarono fin da subito. 

Qualche secolo dopo, al termine della sua prima visita pastorale attraverso la grande diocesi patavina, il vescovo Girolamo Bortignon colse un grave problema di cui la società dell’epoca non si era ancora accorta: l’elevato numero di persone con disabilità prive di assistenza specializzata e di ogni supporto alle loro famiglie. Decine e decine di persone ai margini della società, nascoste ai più all’interno delle case, quando andava bene. Nascoste probabilmente per la vergogna ma anche, ci piace pensare, per difenderle dall’esterno, da una società totalmente priva di sensibilità nei loro confronti. Il vescovo Bortignon aveva segnato su un taccuino caso per caso e, con questo taccuino pieno, disse al giovane amministratore della Curia, Francesco Frasson: «Questa sera vado a pregare sulla tomba del Santo, per avere lumi sul da farsi». Era il 2 luglio 1955. Settant’anni fa quindi, da quella preghiera davanti all’arca del Santo, fedele al suo motto episcopale Caritas cum fide (carità sostenuta dalla fede), ancor oggi impresso all’entrata dell’OPSA, mons. Bortignon fece scaturire l’idea profetica dell’Opera della Provvidenza che poteva essere intitolata… solo a sant’Antonio! 

Ecco perché per OPSA, «il più bel miracolo di sant’Antonio» (auspicio formulato dal card. Roncalli il giorno della posa della prima pietra), il 13 giugno e il 2 luglio sono due date in cui si sente in maniera ancor più stretto il legame con il “santo aumaturgo” senza nome. Ogni 13 giugno, dunque, l’Opera festeggia il suo patrono, sant’Antonio: ed è un momento importante per la nostra Casa e per la diocesi di Padova (di cui l’OPSA, va sempre ricordato, è emanazione), tanto che i suoi preti novelli, per la gioia dei nostri Ospiti, appena qualche giorno dopo l’ordinazione arrivano per celebrare tra noi una delle loro prime sante messe. Con la benedizione di sant’Antonio, testimone di Vangelo e carità.